BIOFISICA, di Fritz Albert Popp

Evidenze sperimentali dei legami esistenti tra l’emissione ultradebole di fotoni e lo stato funzionale dei sistemi viventi
– Dalla rivista “Anthropos & Iatria” – anno 1 – n° 4 – 1997, De Ferrari editore
GRASSO F., TRIGLIA A., MUSUMECI F., SCORDINO A.*, PAGANO M.** – Istituto di Fisica, Facoltà di Ingegneria, Università di Catania, Italia *Fisici **Medico
Lavoro presentato al 3° Colloquio Europeo di Etnofarmacologia ed alla I° Conferenza Internazionale di Antropologia a Genova, Italia, il 29 maggio 2 giugno 1996.
Autore: Dott. Pagano Mario (Medico) – C.so Italia 3b – 95024 Acireale – Catania – Italia – Tel. e Fax ++39 / 095-894873

RIASSUNTO
L’emissione ultradebole dei fotoni, sia spontanea che fotoindotta, da parte della materia biologica costituisce un fenomeno la cui esistenza, misconosciuta fino ad alcuni anni fa, è adesso generalmente accettata.
Tuttavia le evidenze sperimentali accumulate fino ad oggi non permettono di avere una compressione completa dell’origine e del ruolo che questo fenomeno gioca all’interno degli organismi viventi. In questo quadro sono state proposte 2 possibili interpretazioni: la prima dovuta principalmente F.A. Popp ipotizza che l’emissione di fotoni ultradeboli sia dovuta a un campo elettromagnetico coerente che gioca un ruolo importante nella promozione e nel controllo dei processi che esistono all’interno di un organismo vivente mentre la seconda attribuisce i fenomeno al decadimento spontaneo di alcuni dei numerosi livelli atomici eccitati connessi specialmente alla presenza dei radicali liberi.
In questo articolo sono descritti i risultati di un insieme di lavori sperimentali su diversi sistemi biologici che mostrano che vi è una stretta connessione fra lo stato di un sistema biologico e i parametri della luminescenza ultradebole. Nel caso dell’emissione fotonica ultradebole foto indotta descritta anche in letteratura col nome di luminescenza ritardata (DL) alcune di queste relazioni sono espresse in una forma analitica che connette un parametro biologico con un parametro della luminescenza ritardata suggerendo quindi la possibilità di utilizzare la luminescenza ritardata come tecnica di analisi in un vasto campo di discipline diverse che vanno dall’agricoltura al controllo dell’inquinamento, dalla diagnostica medica al controllo di qualità del cibo.

Uno scienziato giapponese Mitsou Hiramatsu del Central Researce Laboratory della Hamamatsu Photonics, ha affermato che le loro ricerche hanno permesso di rivelare e dimostrare che le dita delle mani e le mani stesse cosi come altre parti del corpo (piedi, la fronte) emettono costantemente una luce invisibile ad occhio nudo (biofotoni). Anche i vegetali e gli animali ne emettono, fin tanto che sono Vivi.
Essi hanno impiegato un potente rivelatore e contatore di fotoni; il rilevatore ha confermato che le unghie rilasciano 60 fotoni, le dita 40, le palme delle mani 20.

Dato che tutte le malattie influiscono sul rendimento di questa emissione fotonica, è possibile ipotizzare che si possa un giorno avere attrezzature bioelettroniche che permettano di fare diagnosi accurate a seconda del quantitativo e del colore dei biofotoni emessi ed utilizzare i biofotoni per guarire i tessuti ammalati.

INTRODUZIONE
La luminescenza ultradebole emessa sia spontaneamente che dopo eccitazione con sorgenti luminose da un sistema biologico è un fenomeno che nell’ultimo decennio è stato oggetto di interesse da parte di molti ricercatori [1-20 ] .
Partendo da queste prime osservazioni sono state promosse due interpretazioni:
la prima [1 – 2 ] , dà un’interpretazione biochimica del fenomeno considerando la luminescenza come un segno visibile di alcune imperfezioni secondarie presenti all’interno dei meccanismo dei sistemi viventi;
la seconda proposta essenzialmente da F.A. Popp [ 3 – 5 ] , sostiene che questo fenomeno è la dimostrazione misurabile dell’esistenza di un campo elettromagnetico coerente che gioca un ruolo nella promozione e nel controllo dei processi degli organismi viventi.
Fino adesso non è stato possibile discriminare queste 2 ipotesi poiché i sistemi viventi non sono così riproducibili da poter dare chiare e sicure indicazioni e permettere interpretazioni certe dei risultati; inoltre i segnali sono così bassi da rendere impossibile un controllo diretto di alcune delle caratteristiche dell’emissione e alcuni tipi di controllo indiretto non sono in grado di dare una risposta non ambigua.
Tuttavia, a nostro parere, lo studio delle relazioni fenomenologiche fra i parametri che caratterizzano l’emissione ultradebole e quelli che caratterizzano gli stati differenti in cui i sistemi biologici si possono trovare sia in natura o come risultato di stress provocati artificialmente potrebbe permetterci di isolare il ruolo che questo fenomeno ha nel comportamento dei sistemi biologici e di individuare le sue correlazioni con lo stato funzionale del sistema.
Con questo scopo negli ultimi anni il nostro gruppo ha condotto una ricerca sistematica sulla emissione di fotoni ultradeboli sia spontanea che foto indotta di alcuni sistemi biologici semplici [ 16-20 ] .
In questo articolo sono riassunti i risultati più importanti ottenuti.

MATERIALE e METODI
A) Apparato Sperimentale.
L’apparato sperimentale progettato per misurare i fotoni omessi dai sistemi biologici consiste in generale in una camera d’acciaio annerito dove i campioni che debbono essere analizzati possono essere mantenuti da una temperatura costante che va tra -15°C e 80°C±0.1°C.
Il campione è posto all’interno di una capsula di Pyrex o di plastica chiusa mediante un coperchio trasparente alla luce UV fino 190 nm.
Il coperchio impedisce l’evaporazione dei liquidi eventualmente contenuti nel campione e, per evitare condensazioni, esso è riscaldato ad una temperatura da 1-2 °C più alta di quella del campione.
Un otturatore in grado di intercettare la luce è piazzato immediatamente al di sopra della finestra per misurare l’emissione di fondo della camera, la radiazione emessa dal campione è rilevata mediante un fotomoltiplicatore a basso rumore che lavora secondo il sistema di conteggio di singolo fotone e che ha una sensibilità spettrale che va da 200 a 850 nm.
Per diminuire la corrente di fondo il fotomoltiplicatore è raffreddato sino a – 30°C.
A causa del basso livello del segnale un’analisi spettrale dei fotoni emessi può essere effettuata soltanto usando dei filtri a larga banda che corrispondono a intervalli spettrali piuttosto estesi dell’ordine di decine di nm.
In queste condizioni è possibile misurare la distribuzione spettrale della radiazione emessa nel intervallo che va dal 200 a 700 nm.
A causa della bassa intensità del segnale sarebbe necessario aumentare al massimo l’angolo solido di misura, tuttavia poiché bisogna porre tra il campione e il rilevatore, gli otturatori, i filtri ottici ed è necessario isolare il fotomoltiplicatore dall’ ambiente, in un apparato sperimentale standard l’angolo solido di misura è sempre non superiore a .1 Sr.
Se si desidera misurare l’emissione fotonica ultradebole foto indotta (DL) possono essere utilizzati vari tipi di sorgenti luminose che vanno dai Led alta intensità alle lampade alogene. In tutte queste sorgenti è necessario assicurarsi che la potenza di emissione sia stabile nel tempo e che l’area coperta dalla luce sia illuminata da un’intensità uniforme.
Una misura di DL consiste nell’illuminare un campione biologico e nel contare il numero dei fotoni che vengono riemersi dal campione dopo che la sorgente luminosa è stata spenta.
Durante l’illuminazione si chiude un otturatore in modo da impedire che il fotomoltiplicatore venga accecato e dopo la luce è stata spenta l’otturatore viene riaperto. A causa del tempo perduto in questa operazione il conteggio dei fotoni parte alcuni decine di millisecondi dopo che la sorgente è stata spenta.
In tutti i tipi di misura il segnale è trasmesso ad una scheda di acquisizione dati munita di 4096 canali distinti. In ogni canale viene accumulato il numero di conteggi misurato in un dato intervallo di tempo. Tale intervallo di tempo può variare da un microsecondo a mille secondi ed è scelto in maniera da ridurre l’errore di conteggio statistico o da misurare la dinamica di decadimento nel modo migliore.
Per ridurre l’influenza dell’ambiente e per evitare la luminescenza residua da parte del materiale che compone la camera o la capsula, ogni campione viene tenuto in una camera oscura qualche tempo prima di far partire la misura ma, poiché spesso non è possibile trascurare in ogni caso l’emissione di fondo, si misura, nelle stesse condizioni sperimentali e per ogni insieme di misura, la DL proveniente dal contenitore del campione riempito soltanto dal mezzo di cultura (se presente) in modo da ottenere il corretto valore di fondo che deve essere sottratto dalle misure prese dal campione.
B) Preparazione dei campioni
Nella misura dell’emissione spontanea è molto difficile rilevare i segnali che vengono da sistemi biologici che si trovano in condizioni stabili per questo motivo in un caso sono stati utilizzati semi di Soya verde (Soya Glycine max. L.) durante la loro germinazione in un altro caso sono stati usati campioni costituiti da tessuti umani che provenienti da rimozioni chirurgiche.
Per quel che riguarda i semi di soia il campione è stato preparato ponendo 15 semi su 3 dischi di carta da filtro imbevuti con 4 centimetri cubici di acqua pura in una capsula di plastica avente un diametro di 50 ml, i semi, la carta e la capsula sono stati mantenuti in una stanza oscura 12 ore prima della partenza dell’esperimento per evitare la luminescenza residua da parte dei materiali, l’intensità misurata con la capsula vuota ( tipicamente una decina di conteggi al secondo) è stata assunta come fondo e sottratta durante la misura.
Le misure dell’emissione fotonica ultradebole partivano nel momento in cui i semi venivano posti nella capsula contenente i dischi di carta già imbibiti con acqua.
Nel caso dei tessuti umani, per poter ridurre gli effetti di mascheramento dovuti alla manipolazione dei campioni, è stata studiata una procedura standard per la preparazione e il trattamento dei campioni stessi. I campioni appena presi dal corpo del paziente venivano posti all’interno di un contenitore oscuro mantenuto a 37C° ed immersi in una soluzione di Ringer per permettere il mantenimento dei processi metabolici. In seguito i campioni venivano posti all’interno della camera di misura appena possibile e cioè dopo un intervallo di tempo variabile da 30 a 100 minuti. Le dimensioni e il peso dei campioni (dell’ordine del grammo) venivano valutati dopo la misura dell’emissione fotonica .
Nelle misure di emissione foto indotta, a causa del livello più alto del segnale è possibile misurare il sistema anche quando si trova in un stadio stabile.
In questo caso sono stati usati ancora i semi di soia ma allo stato dormiente e l’alga marina gigante monocellulare Acetabularia Acetabulum. In quest’ultimo caso le cellule sono state utilizzate nello stato vegetativo di crescita che precede la formazione del cappellino, e sono state coltivate in acqua di mare artificiale a 20C° con un ciclo luce – buio di 12 ore.
La lunghezza delle alghe utilizzate variava da 1,5 a 4 cm.
Prima delle misure le singole cellule erano poste all’interno di una piastra di Petri del diametro di 6 cm con 12 ml di millilitri di mezzo fresco ed erano normalmente lasciate per circa 12 ore in questa condizione; dopo questo periodo i campioni venivano posti all’interno della camera di misura oscura a 20C° al buio totale e rimanevano 30 minuti prima di far partite le misure.
Per tutti i campioni utilizzati per le misure di DL è stato imposto un tempo di ritardo non inferiore a 30 minuti fra 2 successive illuminazioni dello stesso campione in modo da garantire che il campione potesse ritornare allo stato imperturbato.

RISULTATI SPERIMENTALI E DISCUSSIONE
A) L’emissione spontanea.
Per quanto riguarda l’emissione spontanea dei semi di soia durante la germinazione è stata misurata l’intensità totale della luce emessa a 25 °C in funzione del tempo, calcolato a partire da quando i semi sono stati posti in acqua, sia per semi vivi che per semi devitalizzati.
Inoltre, per controllare se i differenti valori di intensità sono connessi alla idratazione dei semi e al corrispondente aumento di massa la dipendenza temporale del peso dei semi è stata determinata nelle stesse condizioni ed è anch’essa riportata in figura 1.

Fig. 1 – Conteggio totale dei fotoni emessi da semi di soia vivi (quadrati neri) e denaturati termicamente (quadrati vuoti) riferito alla massa del campione ed incremento percentuale della massa dei semi vivi (quadri con crocetta) e denaturati (doppio triangolo) in funzione del tempo intercorso dall’inizio dell’esperimento.

A partire dalle dipendenze temporali mostrate in figura si possono osservare i seguenti aspetti importanti:
a) All’inizio del processo di idratazione il cambio in peso è molto simile sia per i semi vivi che per i semi devitalizzati mentre a tempi maggiori di 5 ore la differenza diviene significativa a causa della crescita della plantula nei semi vivi.
b) Il comportamento dell’emissione fotonica ultradebole dei semi vivi e dei semi devitalizzati è molto differente. I semi vivi partono da una emissione molto bassa (dell’ordine di 15 fotoni al secondo per grammo), raggiungono un’ intensità massima 30 volte più grande dopo 4 ore (dell’ordine di 350 fotoni al secondo per grammo) e scendono a un valore circa costante di 100 fotoni al secondo per grammo durante la fase di crescita omeostatica. I semi devitalizzati invece, partono da una emissione immediata a tempo zero più elevata (60 fotoni al secondo per grammo) che aumenta soltanto di un fattore 2 al massimo raggiungendo (150 fotoni al secondo per grammo) e ritorna quindi al valore di partenza.
È notevole che la fase di crescita (nel corso della quale i due andamenti appaiono maggiormente differenziati) dell’emissione ultradebole corrisponde alla fase di idratazione del seme nelle quale la differenza in massa tra semi vivi e devitalizzati è quasi impercettibile. Questo fa pensare che l’idratazione non sia l’origine dell’emissione ultradebole.
Per osservare più approfonditamente il processo, sono stati determinati gli spettri in energia dei fotoni emessi e si è visto lo che spettro dei fotoni ha due contributi rilevanti nell’ultravioletto e nel rosso ed è circa nullo nel visibile. Le differenti componenti spettrali mostrano differenti dipendenze temporali che cambiano con lo stato fisiologico dei semi.
La fig. 2 riporta il rapporto tra le corrispondenti componenti spettrali dell’emissione dei semi non trattati e di quella dei semi devitalizzati.

Fig. 2 – Dipendenza temporale delle componenti spettrali a 239 nm (quadrati neri) e 650 nm (quadrati con crocetta) dei semi vivi riferite alle corrispondenti componenti dei semi denaturati.

La componente rossa è nulla all’istante iniziale per i semi indenni, mentre i semi denaturati emettono anche prima dell’idratazione; al contrario la componente relativa all’ultravioletto vicino ha è, in prossimità del suo massimo di emissione, più alta di un fattore 6 per i semi viventi rispetto ai semi denaturati.
È interessante osservare che il maggiore valore della componente UV all’inizio della germinazione per i semi indenni potrebbe essere l’evidenza sperimentale della radiazione mitogenetica che è postulato esistere nella stessa regione spettrale.
Per studiare la dipendenza dalla temperatura dell’emissione fotonica ultradebole in differenti condizioni fisiologiche sono state definite 3 quantità sperimentali:
a) l’emissione definita come il numero di fotoni misurati riferito all’unita’ di tempo e al peso dei semi durante l’emissione.
b) l’inibizione definita come la derivata rispetto al tempo dell’aumento in peso durante l’inibizione riferita al peso del campione.
c) la germinazione definita come la derivata rispetto al tempo nella percentuale di semi germinati.
Queste quantità sperimentali sono state descritte usando due parametri caratteristici delle quantità misurate rispetto al tempo per ogni singola temperatura: il valore massimo del processo considerato ed il valore tmax del tempo corrispondente al valore massimo. In particolare gli inversi dei tempi tmax possono essere assunti come indice della velocità’ dei processi biologici le cui manifestazioni macroscopiche sono misurate in termini di emissione fotonica ultradebole, aumento di massa e germinazione.
Il grafico di Arrhenius di queste velocità rispetto all’inverso della temperatura assoluta è mostrato nella fig. 3 per i semi non trattati e per i semi devitalizzati.

Fig. 3 – Grafico di Arrhenius delle velocità V relative all’emissione , germinazione ed imbibizione (come definite nel testo) per semi indenni (vivi) e devitalizzati (dev.)

Le pendenze delle curve suddette danno l’energia di attivazione dei processi corrispondenti e mostrano con chiarezza che per i semi vivi l’emissione fotonica e la germinazione hanno una comune base per lo meno quello che riguarda l’energia di attivazione dei due processi., mentre l’energia di attivazione dell’inibizione è completamente differente.
Per quello che riguarda i semi devitalizzati, invece, l’energia di attivazione dell’emissione fotonica è quasi uguale all’energia di attivazione dell’imbibizione dei semi devitalizzati ed è differente da quella relativa ai semi vivi.
Dai risultati sperimentali riportati si può quindi concludere che, anche se gli emettitori specifici e i meccanismi concreti dell’emissione fotonica ultradebole non sono ancora conosciuti, questo fenomeno sembra essere connesso ai processi fondamentali della vita.
Un suggerimento ulteriore in questa direzione è dato dal comportamento dell’emissione fotonica ultradebole da parte di tessuti umani provenienti da operazioni chirurgiche. Dei 25 campioni esaminati in questo esperimento 16 venivano da tumori e 9 venivano da tessuti normali, non tumorali.
Un problema è costituito dal fatto che gli intervalli temporali fra la misura e la rimozione chirurgica dei diversi campioni sono diversi e variano da una decina di minuti ad alcune ore. Per alcuni campioni è stato misurato come l’emissione varia in funzione del tempo ed è stato trovato che l’intensità dell’emissione decade con una costante di tempo dell’ordine di un’ora.
Tuttavia poiché questo fenomeno influenza i due sottogruppi di campioni in maniera simile si può concludere che queste differenze non possono essere dovute solamente a differenze tra i tempi di misura.

Fig. 4a – Intensità della luce emessa da tessuti tumorali (quadrati vuoti) e normali (quadrati neri) riferita al tempo che è trascorso tra la rimozione chirurgica del campione e la misura di emissione.

La fig. 4A mostra l’intensità della luce emessa (numero di fotoni per cm quadro per minuto dopo la sottrazione del fondo) per tutti i campioni riferito al tempo che è trascorso fra la rimozione chirurgica del campione e le misure di emissione. Da essa risulta evidente che tutti i campioni normali emettono luce con intensità trascurabile mentre i campioni tumorali emettono luce con intensità maggiore (sino a 1400 fotoni al cm quadro al minuto) .
Tutti i nove campioni che appartengono al sottoinsieme dei tessuti non tumorali hanno un’emissione più bassa di 40 fotoni /cm2 min. con un valore medio di 22 +- 6 fotoni /cm2 min.
Dall’altra parte i 16 campioni che appartengono al sottoinsieme dei tessuti tumorali mostrano una distribuzione molto più ampia dell’intensità di emissione con un valore medio di 300 +- 90 fotoni /cm2 min.
La fig. 4B mostra il numero di campioni che hanno una certa intensità di emissione ultra debole riferita a questa intensità.

Fig. 4b – Numero di tumori e di campioni normali che presentano una certa intensità di luce emessa riferita all’intensità’ della luce.

Un trattamento statistico standard indica che si può sostenere che i due sottoinsiemi appartengano a differenti popolazioni con una affidabilità statistica del 99 per cento.
L’insieme delle evidenze si qui prodotte mostra quindi che questo fenomeno è molto diffuso in natura è profondamente connesso allo stato biologico del sistema.
B) Emissione fotoindotta
La connessione tra lo stato del sistema biologico e l’emissione fotonica ultradebole è presente anche nel caso dell’emissione fotonica foto indotta spesso riferita in letteratura come Luminescenza Ritardata (DL).
Prima di tutto esaminiamo l’andamento temporale della DL che è mostrato in fig. 5A.
È evidente che questo andamento è iperbolico e che differisce significativamente da un decadimento esponenziale.

Fig. 5a – Andamento tipico del decadimento della DL: (quadrati vuoti) dati sperimentali (—–) grafico dell’ eq. 1.
Talvolta questo andamento è stato descritto attraverso la somma di un certo numero di decadimenti esponenziali ma poiché i parametri di questa sovrapposizione non corrispondono a nessun sistema di livelli elettronici ben definiti questo tipo di descrizione dovrebbe essere considerata soltanto un artifizio matematico.
Noi pensiamo che sia più espressivo scrivere i dati sperimentali attraverso un andamento iperbolico espresso dalla (1) , come indicato in fig. 5a.

Io
I(t) = ¾ ¾ ¾ ¾ ( 1 )
(to + t )m

Bisogna sottolineare che la descrizione dell’andamento sperimentale attraverso una curva iperbolica è un modo estremamente pratico per esprimere i risultati sperimentali indipendentemente dalla spiegazione teorica del fenomeno.
Infatti anche se questo andamento è presente nella teoria di Popp esso potrebbe anche essere generato dalla sovrapposizione di un gran numero di processi esponenziali scorrelati tra di loro e caratterizzati da diversi tempi di decadimento t =1/g come indicato nell’equazione 2
I( t ) = ò 0 A * p( g ) * exp (- g t) d g ( 2 )
dove A è un fattore di normalizzazione che ha le stesse dimensioni fisiche di I(t)

Fig. 5b – (—–) Trasformata di Laplace della curva d’interpolazione di fig 5a. Essa rappresenta la distribuzione di probabilità delle velocità di decadimento g dei singoli decadimenti esponenziali la cui convoluzione genera nel dominio del tempo il decadimento iperbolico di fig. 5a.
Il peso p (g ) da attribuire al singolo decadimento è ottenibile attraverso la trasformata di Laplace analitica della funzione iperbolica che descrive il decadimento ed è mostrato in fig. 5b e la quale rappresenta appunto la distribuzione di probabilità delle velocità di decadimento per il decadimento iperbolico di Fig. 5A .
I tre parametri che caratterizzano la rappresentazione sono connessi allo stato funzionale del sistema e alle caratteristiche della sorgente di illuminazione (intensità, tempo di illuminazione e lunghezza d’onda) .
Vi sono diversi esempi dell’esistenza di un tale legame.
Se si considerano ad esempio dei semi di soia secchi è possibile cambiare il loro stato fisiologico danneggiandoli mediante l’esposizione a temperature relativamente alte (75 Celsius con un’umidità relativa di meno del 10 per cento) per differenti tempi di esposizione (in questo caso 2 ore, 18 ore e 48 ore).
La germinabilità dei semi non è modificata significativamente dal trattamento tuttavia i campioni ottenuti in questo modo mostrano una differente velocità di crescita nel corso dei primi giorni di vita.
Il più evidente risultato delle misure dell’emissione foto indotta è che l’intensità della radiazione dei semi non trattati è molto differente da quella dei semi trattati.
Nella fig. 6 le curve dell’intensità rimessa sono riportate in funzione della durata del trattamento dei semi. Si può vedere che il numero totale dei fotoni aumenta all’aumentare della durata dello stress.

Fig. 6 – Andamento temporale del numero dei conteggi misurati provenienti da : semi di soia non trattati, semi di soia che hanno subito uno stress e dalla capsula vuota dopo illuminazione con luce verde (centrata su 565 nm).
Questo risultato suggerisce l’esistenza di un legame fra l’emissione foto indotta e lo stato funzionale del sistema.
Definire lo stato funzionale di un sistema biologico non è facile, in questo caso abbiamo usato come parametro la capacità di crescita dei semi dei primi giorni di vita. In particolare la lunghezza dei semi, nel corso dei nostri esperimenti cresceva nei primi giorni di vita quasi linearmente rispetto al tempo e così, come prima approssimazione, alla capacità di crescita è stato attribuito un valore numerico ( espresso in millimetri al giorno) che è uguale alla pendenza dell’interpolazione lineare tra la lunghezza delle piantine espressa in millimetri ed il tempo dalla protrusione della radichetta (espresso in giorni) cui tale misura si riferisce.
La quantità biologica osservata è perciò la velocità media di crescita dei semi nei primi giorni di vita.
Il parametro fisico calcolato sulla base delle misure della luminescenza ritardata è stato il numero totale dei fotoni riemessi dal campione.
Il numero totale dei fotoni riemessi dal campione riferito alla velocità di crescita è rappresentato in fig. 7.

Fig. 7 – Relazione tra velocità di crescita e il corrispondente numero totale di fotoni riemessi dai semi di soia. I simboli si riferiscono ai dati sperimentali, la linea continua rappresenta la funzione di interpolazione (3).
È evidente dalla figura l’esistenza di una correlazione fra le due quantità di cui sopra: infatti aumentando lo stress la velocità di crescita diminuisce mentre aumenta l’intensità della DL. Ambo i parametri possono essere usati per “misurare” lo stato fisiologico del seme. Se si assume che il legame analitico tra i valori dei due parametri possa essere descritto attraverso una funzione polinomiale che descriva la velocità di crescita V attraverso una serie di potenze dell’intensità totale riemessa I, si può ottenere mediante il metodo dei minimi quadrati, che i dati sperimentali possono essere rappresentati con il miglior coefficiente di determinazione attraverso la seguente forma quadratica:
V = a + b * I + c * I2 (3)
Nelle nostre condizioni sperimentali si ottiene a = 61.2 ± 0.1, b=6 *10-6 ± 1*10-7 c = – 7.7 *10-4 ± 5 * 10-5 con un coefficiente di determinazione pari a 1.000 ed una somma residua dei quadrati pari a 0.013.
Questo fatto dimostra che esistono concretamente profondi legami tra l’emissione fotonica foto indotta e lo stato del sistema biologico in contrasto con quella interpretazione che la vedono come un mero prodotto del decadimento di livelli atomici o molecolari eccitati senza alcun riferimento allo stato funzionale del sistema biologico.
Un ulteriore esempio del fatto che la luminescenza ritardata risulta essere connessa allo stato funzionale dei sistemi biologici è costituito dall’influenza che la presenza di erbicidi del liquido di coltura ha sulla luminescenza foto indotta di alcune alghe.
A tal proposito la fig. 8 mostra le curve di emissione foto indotta relative a una singola misura condotta su un’alga Acetabularia Acetabulum soggetta a una concentrazione via via crescente di atrazina.
Si può vedere che la cinetica del decadimento è notevolmente alterata anche per quantità molto basse di questo erbicida; più precisamente vi è una notevole variazione sia nell’intensità dell’emissione nella prima parte del decadimento che nella pendenza globale della curva nel senso che essa è maggiore a di più alta concentrazione di veleno.

Fig. 8 – Luminescenza ritardata emessa dalla stessa Acetabularia Acetabulum prima e dopo l’aggiunta di atrazina in concentrazioni molari C crescenti.
Il fenomeno può essere globalmente descritto usando come parametro il rapporto S fra la pendenza media della curva di decadimento in presenza del veleno e il corrispondente valore misurato precedentemente per la stessa alga posta nel suo normale liquido di coltura. A tal proposito la Fig. 9 mostra la variazione del parametro S in funzione di differenti concentrazioni di atrazina.

Fig. 9 – Pendenza media relativa S delle curve di decadimento riferita alla concentrazione di atrazina. I simboli rappresentano il valore medio calcolato su cinque esperimenti indipendenti e le barre verticali sui simboli rappresentano le deviazioni standard.
Il parametro presenta un andamento monotono con l’aumento della concentrazione di veleno con un errore piuttosto moderato; a basse concentrazioni la differenza dei valori S sono molto più grandi della loro deviazione standard perciò potrebbe essere possibile rilevare concentrazioni di veleno dell’ordine di 10-9 M.
Un ultimo esempio della connessione tra la luminescenza ritardata e lo stato biologico del sistema è mostrato in fig. 10 nella quale sono descritti i valori dei parametri I0 ed m della relazione (1) relativi ad alcuni tessuti tumorali ed ai tessuti normali contigui appartenenti allo stesso paziente.

Fig. 10 – Pendenza m della DL di tessuti tumorali e normali riferita al corrispondente parametro I0.
Come è possibile vedere sebbene i soli valori di o di m non sembrano permettere alcuna discriminazione tra tessuti tumorali e normali la relazione tra m ed I0 è fortemente differente per i tessuti tumori e per quelli normali e questo fatto potrebbe fornire un buon criterio di discriminazione.

CONCLUSIONE
La combinazione dei dati sperimentali presentati in questo articolo permette di comprendere come l’emissione dei fotoni ultradeboli, sia spontanea che foto indotta, costituisca a tutt’oggi un fenomeno la cui interpretazione appare complicata.
Infatti le evidenze sperimentali mostrate non ci permettono di avere una comprensione completa dell’origine e del ruolo che questo fenomeno gioca negli organismi viventi.
È tuttavia certo che alcuni dei risultati presentati rendono estremamente improbabile che sia possibile spiegare il fenomeno attraverso una approccio di tipo meccanicistico che veda l’emissione fotonica ultradebole come risultato di una somma di sottofenomeni microscopici descrivibili attraverso una serie di processi biochimici non correlati al sistema vivente.
Dalle evidenze riportate, anche se non attraverso la struttura chiara di una formalizzazione matematica del fenomeno, emerge che esiste una correlazione intima fra lo stato del sistema e le caratteristiche dell’emissione fotonica ultradebole ovvero tra i campi elettromagnetici e le strutture interne del sistema e i campi elettromagnetici misurabili al di fuori di esso.
In questo senso è possibile parlare dell’emissione fotonica ultradebole come un flusso di fotoni che appartengono ad un campo le cui caratteristiche spazio-temporali sono state condizionate dalla struttura del materiale e dall’energia interna di un biosistema.
Si può quindi considerare l’emissione fotonica ultradebole un fenomeno interessante, non solo dal punto di vista delle vaste possibilità applicative, ma soprattutto poiché esso ci dà la possibilità di dare uno sguardo approfondito al biofisica dei sistemi viventi.
La comprensione completa e la formalizzazione di quello che questo sguardo ci potrebbe permettere costituisce una sfida eccitante e, secondo la nostra opinione, potrebbe essere di importanza fondamentale nelle scienze della vita
vedi:
INFORMAZIONE (luce), CAMPO UNIVERSALE e SOSTANZA-Campi MORFOGENETICI + Teoria dei Gradienti e delle Onde Portanti

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Tratto da :
http://www.neurolinguistic.com/

Altre Referenze da http://www.lifescientists.de/
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Bibliography of Publications by – Fritz. Albert Popp, Ph.D.
This is a list of publications by Fritz-Albert Popp, Ph.D., a biophysicist at the Technology Center in Kaiserslautern (Germany) and an expert on biophoton research, who will lecture May 6, 1998, at the Center for Frontier Sciences
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Biography of Fritz-Albert Popp
Fritz-Albert Popp was born in 1938 in Frankfurt, West Germany. He received the Diploma in Experimental Physics in 1966 at the University of Würzburg, (where Röntgen discovered X-rays), received the Röntgen-Prize of the University of Würzburg, and received his Ph.D. in Theoretical Physics in 1969 at University of Mainz. He delivered his Habilitation in Biophysics and Medicine in 1973 at University of Marburg, received nomination as Professor by the Senate of the University of Marburg, and served as Lecturer at University of Marburg from 1973 to 1980. He then served as head of a research group in the pharmaceutical industry in Worms from 1981 to 1983, and head of a research group in the Institute of Cell Biology at University of Kaiserslautern from 1983 to 1986. Presently, he is head of a research group at the Technology Center in Kaiserslautern, and is also owner of a company “Biophotonics.”
He has received several nominations as Research Fellow, Visiting Professor, or Honorary Professor at universities in Germany, USA, India, and China. He is an Invited Member of the New York Academy of Sciences, member of the International Consciousness Research Laboratory (ICRL) at Princeton University, President of the Worms Academy of Reformative Medicine, Honorary President of the Center of Documentation of Natural Healing (ZDN), Vice President of the International Institute of Biophysics in Neuss (Germany), and member of the Executive Board of the Center for Frontier Sciences at Temple University.
He has supervised approximately 30 diploma works and dissertations in physics, biology and medicine, and written approximately 150 publications on basic questions of theoretical physics, biology, complementary medicine and biophotons.

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dr. Jean Paul Vanoli, esperto per la Vera scienza, conoscenza, filosofo della vita eterna, esperto in Medicine Naturali, Scienza della Nutrizione, Bioelettronica e Naturopatia. - Consulente di: https://mednat.news - curriculum.htm -  info@mednat.news + https://pattoverascienza.com   - Curatore, Tutore, Notaio, Trustee del Trust°/Stato Persona, estero: VANOLI GIOVANNI PAOLO (VANOLI G.P. - VGP) - Human Rights Defender ONU/A/RES/53/144 1999 - Difensore dei Diritti dei batteri e virus/esosomi, cioè della Vita/Natura in genere

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